Le dune delle nostre spiagge sono disabitate? Niente affatto, a ben guardare ospitano popolamenti animali molto vari e contribuiscono al mantenimento della biodiversità.
Le coste sabbiose costituiscono degli ambienti che per loro natura mettono a dura prova la sopravvivenza degli organismi animali. I naturali fattori di stress che governano la sopravvivenza degli animali delle zone costiere sono molteplici, ma i più rilevanti possono essere così sintetizzati: la natura mobile del substrato, l’aridità del substrato a livello degli ambienti dunali e di spiaggia, soprattutto nella stagione estiva; la povertà di nutrienti; la salsedine; l’insolazione spesso molto marcata, specialmente nella stagione estiva; l’elevata ventosità e l’esposizione alle mareggiate, che può portare alla frequente e continua rimozione fisica di molti organismi animali dai loro microhabitat naturali.
D’altra parte, altri fattori abiotici degli habitat costieri risultano favorevoli alla vita animale e contribuiscono invece a mitigarne le dure condizioni generali o a consentirne un arricchimento delle comunità biotiche, quali ad esempio l‘effetto siepe rappresentato dai cordoni dunali e dalle spiagge per molti organismi terrestri trasportati passivamente o semi-passivamente su ampi bracci di mare dalle correnti marine, dai venti, da alluvioni, specialmente durante tempeste ed eventi meteorologici eccezionali.
Questi fenomeni hanno certamente permesso a molte specie di diffondersi e adattarsi negli ambienti di spiagge, dune e lagune costiere italiane anche da distanze relativamente grandi anche mediante questi fenomeni: l’azione del moto ondoso e delle maree (che consentono apporti di materiali organici di varia natura); la grande capacità termica delle masse idriche marine (che permette di mitigare in modo rilevante sia le eccessive temperature e aridità estive sia le basse temperature invernali).
INVERTEBRATI
I coleotteri costituiscono di gran lunga il gruppo faunistico più rappresentativo degli ambienti litoranei sabbiosi, sia in termini di numero di specie (almeno mezzo migliaio di specie sulle oltre 12.000 italiane possono essere considerate esclusive, tipiche, o comunque caratteristiche di questi habitat), sia in termini di numero di individui. I tegumenti di norma rigidi e resistenti che li caratterizzano rappresentano del resto un ottimo adattamento per sopravvivere con successo in questi ambienti terrestri ostili, consentendo loro di fronteggiare con maggiore facilità sia l’usura operata dalla sabbia, sia la necessità di ridurre al massimo la dispersione idrica. Tra i carabidi, la grande Eurynebria complanata è da considerare forse il più significativo “marcatore” della qualità biotica degli ecosistemi italiani di spiaggia sabbiosa. Questo coleottero, distribuito lungo le coste sabbiose del Mediterraneo occidentale e di quelle atlantiche dell’Europa occidentale, vive perlopiù a livello dei settori più stabilmente emersi e arretrati delle spiagge emerse (talvolta anche a ridosso delle dune mobili) ed è un attivo predatore. Durante il giorno si rinviene quasi esclusivamente sotto tronchi e materiale ligneo spiaggiato. Un’altra specie di cicindelino, più ampiamente diffusa negli stessi ambienti, ma capace di colonizzare anche le dune e il retroduna e di risalire lungo le rive sabbiose dei corsi d’acqua anche per molti chilometri verso l’interno, e a ben più ampia distribuzione, è Lophyridia littoralis, ancora presente con la sottospecie mediterranea littoralis lungo molte spiagge italiane. Lo spettacolo delle cicindele in caccia lungo le spiagge marine sabbiose nelle calde giornate dei mesi primaverili ed estivi, con centinaia di esemplari anche di specie diverse che si producevano in repentini e brevi voli radenti al passaggio di occasionali visitatori, è spesso un ricordo sbiadito anche per la maggior parte dei naturalisti e degli entomologi. Tra i numerosi coleotteri detritivori “specialisti” delle spiagge troviamo anche alcuni tenebrionidi. Questa famiglia annovera tra le sue file un enorme numero di specie adattate a vivere in ambienti ostili sabbiosi, in particolare nelle aree desertiche e subdesertiche.
In Italia troviamo soprattutto svariate specie di Phaleria di piccole dimensioni, a prevalente attività notturna, e di norma di colore giallastro. Si affollano soprattutto intorno a piccoli ammassi di detriti e ai resti di animali spiaggiati, spesso insieme ad alcune specie di Xanthomus , quali X. Pallidus e X. Pellucidus e Adlammobia Pellucida. Sono qui talora spazialmente affiancate anche da altri tenebrionidi, questi però ad attività diurna, come le Tentyria, le Pimelia e gli Erodius. Parecchie specie di neurotteroidei sono caratteristiche di ambienti sabbiosi litorali e sublitorali, molti allo stadio larvale scavano trappole imbutiformi nella sabbia, al fondo delle quali le larve stesse, armate di potenti mandibole acuminate a forcipe, catturano piccoli artropodi scivolati lungo le pareti mobili della trappola. Le specie più caratteristiche e ricorrenti sono Myrmeleon Inconspicuus (il formicaleone), elemento tipico degli habitat dunali e retrodunali.
I nottuidi rappresentano un’importantissima famiglia di lepidotteri a volo notturno, comprendente parecchie centinaia di specie anche in Italia, e utilissimi, per la loro rappresentatività e abbondanza, anche come bioindicatori dello stato qualitativo e della ricca specie degli ecosistemi.
Negli ambienti dunali sono però pochissime le specie esclusive. L’unica specie veramente caratteristica è la sempre più localizzata Brithys Pancrati, elemento a vasta distribuzione mediterranea, ampiamente diffuso anche in Africa e Asia meridionale; nel Mediterraneo è strettamente associata allo stadio larvale alle foglie del giglio di mare, Pancratium Maritimum, una comune amarillidacea. I grossi bruchi, dalla vistosa colorazione aposematica, sono presenti spesso anche in numero sulle foglie della loro pianta ospite, dove vengono disdegnati da tutti i vertebrati predatori (evidentemente per la presenza di sostanze per loro tossiche), mentre sono spesso attaccati da alcuni invertebrati, quali in particolare il grosso carabide Scarites Buparius. Gli adulti, poco vistosi, volatori notturni nei mesi estivi, sono invece predati senza problemi anche da lucertole, uccelli e pipistrelli.
VERTEBRATI
Il solo anfibio italiano che con una certa frequenza giunge sulle dune sabbiose, nei retroduna e perfino sulle spiagge emerse, a ridosso della linea di battigia, è il relativamente comune rospo smeraldino, Bufo Viridis. Questa specie è infatti in grado di riprodursi anche in piccoli stagni costieri con acque dolci moderatamente salmastre e nelle raccolte d’acqua dolce interdunali. Soprattutto nelle giornate più fresche, nelle ore notturne, in piena estate, non è infatti raro imbattersi in esemplari di questa specie che girovagano per le dune a caccia di artropodi. L’unica limitazione alla sua presenza è ovviamente data dalla disponibilità di opportuni siti riproduttivi primaverili, dai sistemi dunali e dalla qualità biologica delle loro acque. Occasionalmente, anche alcune raganelle (Hyla spp.) sono state notate in ambienti dunali della Sardegna e dell’Italia centro-meridionale, almeno durante le ore notturne o in giornate piovose. Comune ovunque lungo le sabbiose della Penisola e delle isole è la lucertola campestre Podarcis. Ampiamente distribuita in Italia e nei Balcani, è sovente accompagnata, seppur con frequenze inferiori, dal ramarro occidentale, Lacerta Bilineata. Entrambe le specie sono attive predatrici di una grande varietà di piccoli invertebrati sabulicoli, sia allo stadio larvale che adulto.
Per quanto riguarda i serpenti, le specie che più frequentemente colonizzano anche le dune sabbiose litoranee in Italia sono certamente il comunissimo biacco Coluber Viridiflavus e il relativamente più raro cervone, Elaphe Quatuorlineata, almeno in quei settori dove la macchia mediterranea penetra con una certa copertura vegetale negli ambienti dunali e retrodunali. Soprattutto la seconda specie, che limita la sua presenza in aree litoranee quasi esclusivamente delle regioni centromeridionali, necessita di macchie fitte e compatte per le sua attività di caccia, ma si spinge anche nei pressi di ambienti umidi interdunali. Abbastanza frequente negli ambienti dunali e interdunali dell’Italia peninsulare occidentale, dalla Liguria alla Sicilia e in Sardegna è la testuggine comune (Testudo Hermanni), un tempo specie abbondante negli ambienti aridi e con moderata copertura vegetale, soprattutto garighe e pascoli sassosi, ma negli ultimi decenni in forte rarefazione a causa sia della distruzione e del degrado degli adatti habitat naturali, sia dell’eccessivo e a lungo incontrollato prelievo di giovani esemplari per la vendita come animali da giardino e da terrario.
UCCELLI
Gli uccelli più caratteristici lungo le spiagge, soprattutto a livello delle fasce intertidali ed eulitorali, sono soprattutto alcuni caradriformi ripicoli, quali in particolare il fratino (Charadrius Alexandrinus) il piovanello tridattilo (Calidris Alba) e il piovanello pancianera (Calidris Alpina). Altri elementi frequenti sono anche il corriere grosso (Charadrius Hiaticula) e il voltapietre (Arenaria Interpres), quest’ultimo tipico di spiagge sassose e ciottolose, ma che si spinge anche ai margini di piccole spiagge sabbiose di baia.
I passeriformi che nidificano a ridosso della duna sono l’occhiocotto (Sylvia Melanocephala) e il merlo (Turdus Merula). Queste due specie colonizzano ambienti tanto ostili per due motivi diversi: l’occhiocotto è molto selettivo e predilige proprio gli stadi primitivi della successione che porta alla macchia; il merlo, invece, è ubiquitario ed ecologicamente molto duttile. Per questo motivo riesce a colonizzare anche luoghi ostili per molte specie.
Luigi De Vivo
Bibliografia: Quaderni Habitat, Dune e spiagge sabbiose, Min. dell’ambiente e tutela del territorio e del mare.
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